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IV DOMENICA DI QUARESIMA

 

La figura di Gesù domina l'orizzonte della storia ed esercita un fascino indiscutibile. Anche chi vorrebbe cancellarne la memoria, ne confessa implicitamente la grandezza. Ma il mistero di Gesù sfugge a chi vuole accostarlo mosso da curiosità, da interesse storico o etico. Per Giovanni «vedere Gesù» indica lo sguardo della fede e l'apertura del cuore: condizioni indispensabili per cogliere l'identità di Gesù ed entrare in comunione con lui. Incontrare Gesù implica seguirlo in una scelta di vita che si fa dono per gli altri.
C'è chi pensa che la fede sia una garanzia, una specie di polizza di assicurazione contro gli infortuni della vita, una dottrina che insegna a « comportarsi bene» e a non far male a nessuno. Gesù presenta un quadro radicalmente diverso e una legge molto più esigente: essere cristiani implica seguire Gesù.

Chi si aggrappa al proprio egoismo e alle illusioni umane (potere, successo, sensualità...), conoscerà un'esistenza sterile, chiusa. Chi invece sa dimenticare se stesso e offrire con amore la propria vita, se la ritroverà in pienezza. Il valore di una persona è legato a ciò che dona.

Il frutto che scaturisce dall'offerta incondizionata di Gesù è il pieno compimento della promessa divina espressa dal profeta Geremia (prima lettura): la nuova alleanza. Nuova perché il rapporto di comunione che Dio stabilisce con l'uomo è senza precedenti, non è condizionato alla fedeltà dell'uomo, ma unicamente fondato sulla gratuita iniziativa di Dio. Il vincolo di amore che Dio aveva da sempre progettato finalmente si realizza perché in Gesù l'umanità ha pronunciato il suo « sì » più pieno. «Un vincolo così saldo che nulla potrà mai spezzare» (Pregh. euc. della riconciliazione I), perché nel donarsi obbediente di Gesù si instaura una relazione di conoscenza e di amore così intima da togliere il peccato e da far coincidere volontà di Dio e volontà dell'uomo.

 «Vogliamo vedere Gesù»: è il grido inconsapevole del giovane drogato che cerca una salvezza nella illusione della droga; è il grido della ragazzina troppo presto vendutasi per un pezzo di pane o per l'ebbrezza di un'avventura più grande di lei; del disoccupato che cerca lavoro; del prete che vorrebbe lavorare senza troppe formalità; del vescovo e del papa che vorrebbero sentire attorno a sé il calore umano di un presbiterio che si riscopre luogo di comunione per un annuncio che non sia solo professionale, ma esistenziale.
La partecipazione all'Eucaristia è comunione al corpo e sangue del Cristo, è inserimento sempre più profondo in lui; il desiderio di «vedere il Signore» diventa così intima e gioiosa esperienza che fa esclamare: «Abbiamo visto il Signore!» (Gv 20,25).